PER CONVINCERE I CONSUMATORI A SCEGLIERE LA QUALITÀ, RIGONI DI ASIAGO UNISCE LA COMUNICAZIONE ONLINE A QUELLA OFFLINE

ABOUT RIGONI DI ASIAGO

Rigoni di Asiago è stata una delle prime realtà in Italia e in Europa a proporre il biologico, in quanto aderente ai valori e all’etica dell’impresa. Alla tradizionale produzione di miele, l’azienda ha affiancato con successo la marmellata Fiordifrutta, il dolcificante naturale Dolcedì, la crema di nocciole Nocciolata e il succo di frutta Tantifrutti.

Fortemente radicata sul proprio territorio, l’Altopiano di Asiago, dove è nata e sempre rimasta, ha come propria mission quella di proporre prodotti buoni e sani per il consumatore e per il pianeta.  Rigoni di Asiago si considera un’azienda a carattere familiare, ma con una forte impronta manageriale, leader nelle proprie categorie sul mercato interno e in forte crescita sui mercati internazionali.

 

ABOUT CRISTINA COSSA

Cristina Cossa è head of Marketing Rigoni di Asiago. Dopo gli studi universitari, vive tre anni negli Stati Uniti dove si specializza in Pubbliche Relazioni a Boston. Rientrata in Italia inizia la sua esperienza in agenzie di PR e Ufficio Stampa prima e Pubblicità poi, fino a divenire Direttore Servizio Clienti; in questo percorso ha l’opportunità di entrare in contatto con realtà differenti, da piccole aziende a multinazionali strutturate. Poi il passaggio in azienda, sempre in ambito food and beverage, che diviene la sua passione, fino all’arrivo 12 anni fa in Rigoni di Asiago come Marketing Manager, divenendo negli ultimi anni Head of Marketing. Ecologista convinta, adora cucinare, il mare e gli animali.

 

PER CONVINCERE I CONSUMATORI A SCEGLIERE LA QUALITÀ,

RIGONI DI ASIAGO UNISCE LA COMUNICAZIONE ONLINE A QUELLA OFFLINE

Cristina Cossa, marketing manager: “ E’ importante far assaggiare ciò che di buono facciamo e informare su come viene fatto. E mai tradire chi ci sceglie

 

INTERVISTA

Per iniziare, una domanda alla manager, a prescindere da Rigoni di Asiago: come vede il marketing alimentare del prossimo futuro? Cambierà qualcosa rispetto al passato? Cosa?

Siamo in un momento in cui la situazione economica post pandemia vede le aziende focalizzate su logiche di prezzo: la guerra fra insegne porta anche prodotti premium a programmare forti attività promozionali per diventare più accessibili, permettendo ai consumatori di fare scorte. La crescita del primo prezzo e del discount dimostra che una fascia ampia di clienti ha bisogno di riempire il carrello, dando la priorità alla quantità, talvolta purtroppo senza leggere le etichette o conoscere cosa ci sia dietro al prodotto.

Vorrei però per un attimo dimenticarmi di questa situazione, che spero sia transitoria, per analizzare aspetti più interessanti e strategici. Le nuove generazioni stanno riscoprendo il valore di un’alimentazione di qualità, quindi legata a valori come il biologico, il free from, la sostenibilità. Il “bisogno di farsi del bene e far bene al pianeta” è entrato nelle coscienze dei consumatori e le aziende devono rispondere a questo trend. Se è vero che su internet e sui social girano tante fake news, è altrettanto vero che siamo tutti più informati e consapevoli rispetto a ciò che consumiamo.

Tutti ormai sanno che ci sono dinamiche in agricoltura e allevamento che contribuiscono al malessere del nostro pianeta. In famiglia si dialoga di queste tematiche e si affinano le scelte in campo alimentare. Questo da un lato porta a tanto green washing, ma dall’altro chi acquista è sempre più edotto: a claim come “no sugar”, si sa che potrebbe corrispondere una presenza di edulcoranti chimici, ad esempio. Lo stesso Nutriscore proposto dalla Francia può essere fuorviante: il semaforo verde non sempre significa qualità o genuinità. Per questo, da specialista in comunicazione, il mio punto di vista è quello che le aziende dovrebbero mettersi nei panni del consumatore essere trasparenti e guadagnarsi così la sua fiducia.

In questo panorama, la comunicazione di un’azienda food che ruolo ha e come si deve evolvere per essere efficace? Su cosa deve puntare maggiormente: i prodotti, i valori aziendali, la sostenibilità, oppure altro?

Deve puntare sulla chiarezza e sullo spiegare esattamente quali sono i valori intrinseci del prodotto. Se questi valori li hai, e se sono reali e tangibili, basta dichiararli per convincere. In un mondo che non dà rassicurazioni, è provato che i consumatori cercano certezze nel food. In pandemia, del resto, non ci siamo ritrovati tutti a dover riflettere su cosa cuciniamo? Non abbiamo avuto più tempo per fermarci e pensare?

Nel nostro caso, il consumatore rimane stupito perché scopre che Asiago è davvero la nostra sede, anche se può sembrare strana o scomoda per un’azienda come la nostra. Eppure è così. Per noi il territorio di montagna è un valore enorme: le nostre marmellate e il nostro miele sono così buoni perché li facciamo qui. Non solo: la Rigoni di Asiago è conosciuta nel mondo, ma rimane una realtà famigliare, in cui chi lavora ha cura di ciò che fa, come chi prepara i cibi in casa per i propri cari. Quando un’azienda è davvero così, la comunicazione è autentica.

Per quanto riguarda la Sostenibilità, avete un progetto peculiare e come lo comunicate?

Siamo fra i primi ad aver scelto il biologico in Italia, quando ancora non c’erano nemmeno le certificazioni. Proponiamo prodotti ad alto valore aggiunto, ma con basso impatto in termini ambientali. Chi è cresciuto in mezzo ai prati, come la nonna degli attuali proprietari, non poteva scegliere altrimenti.

La narrazione è la forza della nostra comunicazione: pensi che tutto ebbe inizio nel 1923 da un alveare. Le parlo di una mamma che, sfollata in tempo di guerra, decise di comprare un’arnia per prodursi da sola il miele da dare ai suoi bambini, come energizzante. La nostra azienda nacque allora, dalla Signora Elisa.

Oggi Rigoni di Asiago vede alla propria guida il nipote, e con una storia come questa nel dna non si può non avere insito il valore della sostenibilità. Proprio le api, poi, sono a grave rischio di estinzione, ed è un problema che i Rigoni hanno affrontato quando ancora nessuno ne parlava.

Facciamo davvero tanto per la comunità in cui siamo inseriti: abbiamo selezionato dall’Agenda 2030 dell’ONU dei pillar e ogni anno facciamo qualcosa per raggiungerli e offrire il nostro contributo. Sosteniamo delle case famiglie, tornei sportivi di charity, tantissime attività. Per noi è un impegno, non un’etichetta, non un’operazione di marketing. La comunità deve trarre beneficio dalla presenza della nostra azienda, e ogni giorno cerchiamo di raccontarlo.

Eppure c’è ancora chi pensa che essere sostenibili significhi cambiare il pack…

C’è una case history Rigoni di Asiago rappresentativa di un aspetto peculiare della comunicazione?

A noi piace comunicare guardando negli occhi il consumatore. Il piano marketing è focalizzato sul rapporto one to one. Vogliamo creare coinvolgimento, perché chi ci conosce si può davvero innamorare e diventare un ambassador dei nostri prodotti.

Abbiamo una rete di hostess che formiamo direttamente per raccontarci al meglio nei tanti eventi che organizziamo. Parlo di attività in-store, ma soprattutto di iniziative fatte ad hoc per meglio targettizzare i consumatori a cui vogliamo rivolgerci: tra questi sono fondamentali le nuove generazioni.

In primavera partiremo con un tour itinerante nelle zone di passaggio accanto alle università, con truck brandizzati in tutta Italia dove faremo assaggiare i nostri prodotti facendo scegliere dove spalmarli (pane, fette o gallette) e invitando il pubblico a entrare nella nostra community per non interrompere la relazione. Il rapporto diretto è fondamentale per far percepire il valore di un prodotto biologico come il nostro. Stiamo anche sensibilizzando nutrizionisti e dietologi, per spiegare che la nostra marmellata Fiordifrutta è preparata solo con frutta a perfetta maturazione da nostra filiera, con tre soli ingredienti e succo di mela per dolcificare. Un prodotto ad altissimo profilo nutrizionale.

E poi vogliamo far capire che vantiamo collaborazioni con aziende agricole in Italia, dalla Sicilia alla Emilia Romagna; che qui ad Asiago coltiviamo i piccoli frutti, ma che abbiamo anche preso terreni vergini all’estero per renderli davvero bio: in Italia, del resto, non c’è più posto e se quelli che ci sono venissero convertiti, servirebbero almeno 10 anni. Questo va comunicato al consumatore.

Quali sono i canali di comunicazione che privilegiate? Come li usate?

Sicuramente usiamo i social – facebook, Instagram e Linkedin -, che servono per mantenere un dialogo aperto e raccontare di te. Abbiamo molti influencer e blogger con cui collaboriamo, suddivisi sulle varie zone in cui sono noti. Nessuno oggi può più farne a meno, ma nel nostro caso abbiamo sempre cercato di unire l’online all’offline: come dicevo, vogliamo incontrare i membri della nostra community anche di persona.

Per far sentire seguiti i consumatori abbiamo un servizio telefonico interno che risponde sempre. Io stessa parlo con chi chiede informazioni relative al mio settore. La credibilità si costruisce così, nel tempo, non tradendo mai.